Nel corso degli scavi archeologici in Egitto, sono state rinvenute mummie con i denti uniti tra loro proprio come si eseguono le moderne legature ortodontiche. Il filo, ottenuto da intestini animali, era presumibilmente usato per ridurre i diastemi, cioè gli spazi tra un dente e l’altro.
Per preparare i morti all’aldilà gli Etruschi avevano un rituale particolare. Tra le varie operazioni eseguite, si poneva nella bocca del defunto un apparecchio molto simile al bite moderno, in modo che venissero mantenuti i rapporti tra un dente e l’altro, e che i denti stessi non cadessero. In questo modo lo scomparso avrebbe avuto il sorriso in ordine anche nell’altra vita.
Aulo Cornelio Celso (14 a.C. - 37 d.C.), eclettico romano, nel suo trattato De Medicina documenta il caso di denti spostati mediante una pressione con le dita sugli stessi, ripetuta ad intervalli regolari.
In diverse tombe romane sono stati rinvenuti teschi con denti legati tra loro con un filo d'oro. Il modo in cui queste legature erano eseguite lascia supporre che servissero per spostare denti e ridurre diastemi importanti.
Risalgono al XVIII secolo le prime pubblicazioni scientifiche che parlano di ortodonzia e di apparecchi ortodontici.
Nel 1728 Pierre Fauchard pubblica Le Chirurgien dentiste, dedicando un intero capitolo alle possibili tecniche per raddrizzare i denti e approfondendo l’uso del bandeau, una specie di ferro di cavallo da mettere in bocca in modo da conservare le naturali posizione e curvatura degli elementi dentari.
Nel 1840 C.S. Brewster costruisce la prima placca ortodontica in vulcanite e J.S. Ware il primo apparecchio mobile, ma è solo nel 1860, con la scadenza del brevetto di C. Goodyear per la vulcanizzazione del caucciù, che l’ortodonzia si diffonde capillarmente nella popolazione.
Prima e dopo la |
Terapia ortodontica |
Apparecchi inventati |
Non esistendo all’epoca le resine adesive di oggigiorno, ogni dente veniva legato singolarmente e poi unito con un filo metallico agli altri. Sebbene il materiale d’elezione fosse l’oro per via della sua malleabilità, per questioni economiche spesso gli attacchi erano in argento o, alternative ancora più convenienti, in avorio, legno, rame o zinco.
Le resine acriliche sono introdotte come materiale dentario e, in pochi anni, soppiantano l’uso del caucciù.
In questa decade si producono resine adesive con una buona resistenza a trazione e torsione, che quindi permettono l’adesione dell’attacco direttamente sulla superficie dentaria. Inoltre si diffonde nel mondo odontoiatrico l’acciaio inossidabile che soppianta velocemente l’oro e l’argento come materiale ideale per fili e attacchi ortodontici.
Sempre dei ’70, soprattutto in Giappone e USA, è la comparsa dell’ortodonzia linguale, con gli attacchi posti sulla superficie linguale dei denti, in modo da nascondere il trattamento e migliorare l’estetica dei pazienti.
Nel 1999 Kelsey Wirth e Zhia Chrishti, due studenti universitari a Stanford (California), hanno l’intuizione di utilizzare la litografia computerizzata per produrre serie di mascherine personalizzate e quasi invisibili, che fungano da allineatori dentari. Ogni coppia di mascherine forza un numero variabile di denti a cambiare leggermente la propria posizione, fino all’ultima coppia che completa l’allineamento delle arcate dentarie.